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Il modello assagioliano della psicosintesi terapeutica si offre come terreno fecondo per una nuova comprensione della patologia e della terapia. Considerando l'uomo come un essere vivente orientato verso il proprio Sé, la malattia si identifica con lo stato di separazione dall'anima e la terapia come tramite per il ricongiungimento. Il Sé o anima è essenzialmente relazione, flusso vitale e dialogo di sentimento, per cui la patologia si rivela come una condizione statica e ripetitiva di solitudine. La terapia, in quanto processo di "ritrovamento dell'anima", ci appare allora come la riapertura di un dialogo interrotto, il ripristinarsi di una relazione. Sia l'"uomo che soffre" che l'"uomo che cura" - non esseri umani diversi, ma momenti diversi dell'esistenza di ciascun uomo - sembrano perseguire, attraverso la comunicazione e la condivisione dei sentimenti, uno stesso progetto: la cura della loro stessa solitudine. La guarigione avviene nell'atto terapeutico, dove si ripristina il fluire della vita, e dove avviene l'incontro tra "chi da" e "chi riceve".